Tristan de Cunha l’isola alla fine del mondo e il suo legame con Camogli

di Massimo Iaretti

C’è un legame strettissimo tra Tristan de Cunha, isola dell’Atlantico meridionale, uno degli insediamenti umani più remoti del pianeta e Camogli.

In questo Territorio d’Oltremare della corona britannica, dipendente da Sant’Elena (dalla quale dista 2178 chilometri), privo di porti ed aeroporti, infatti, sui circa 250 residenti, una sessantina portano il cognome Repetto e una quarantina Lavarello.

Tutto deriva dal fatto che nel 1892 un brigantino a palo italiano, al comando del capitano genovese Rolando Perasso, che trasportava carbone dalla Scozia a Città del Capo dovette affrontare un incendio in pieno Atlantico. Il capitano dopo un viaggio durato sei giorni lo fece arenare nei fondali dell’isola, trovandovi asilo.

Ma quando un’altra nave, il 21 gennaio del 1893 prese a bordo l’intero equipaggio, Andrea Repetto e Gaetano Lavarello decisero di rimanere lì nonostante gli ordini di Perasso. Con loro c’era un terzo marinaio, Marcianesi di Ancona, che dopo 4 anni arrivo a Città del Capo.

Il legame tra Tristan e Camogli, che non si è mai spezzato nel tempo, nonostante l’enorme distanza è stato raccontato nei giorni scorsi in una conferenza organizzata a Santa Margherita Ligure nei locali dell’Editrice Tigulliana, dall’associazione Gente di Liguria.

A parlarne sono stati due camogliesi dei giorni nostri, Anna Maria ‘Lilla’ Mariotti, scrittrice di cose marinare e legate al mare e, nello specifico, autrice del libro ‘Tristan de Cunha. Storia e vicissitudini della più remota comunità umana’ e Gianfranco Repetto che ha visitato l’isola nel 2019.

‘Per raggiungerla – dice – mi sono occorsi un volo a Città del Capo e poi alcuni giorni di navigazione su un peschereccio. Sono infatti i pescherecci ad assicurare i collegamenti con Tristan e hanno comunque delle cabine per 12/15 posti anche di persone non legate alla pesca ma che vanno nell’isola per altri motivi. Inoltre una volta all’anno c’è il passaggio di una nave ex rompighiaccio sudafricana. Il mio viaggio, però, è durato una quindicina di giorni per un’avaria al motore, cosa che comunque rientra nella normalità”.

In un mese di permanenza Repetto ha incontrato anche alcuni cugini, discendenti del primo di Andrea che vi arrivò col brigantino oltre un secolo fa. Questi, infatti, legato da parentela al suo bisnonno paterno.

Tristan de Cunha è una comunità che vive in un regime particolare: i terreni sono tutti di proprietà pubblica, le famglie coltivano orti e giardini intorno alle loro case, ogni famglia possiede animali da cortile e bestiame e l’uso della moneta come mezzo di scambio è limitato.

Tra i prodotti della sua terra ci sono le patate e quanto al pescato  aragoste commercializzate come ‘Tristan rock lobster’ da una compagnia sudafricana.

‘Nonostante la strada asfaltata sia limitata a un nastro di 2/3 chilometri – dice ancora Repetto – tuttavia tutti hanno una’auto’

Su Tristan de Cunha, comunque, torneremo ad occuparcene ancora, perché così sarebbe troppo limitativo data l’eccezionalità di questa isola che da il nome ad un arcipelago completamente disabitato. veramente alla fine del mondo.

Con il signor Repetto, che gentilmente si ha dato queste primissime informazioni, ce ne occuperemo nei prossimi mesi: l’appuntamento è al Museo Marinaro di Camogli.

 

 

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