Don Gallo il prete degli ultimi che predicava la pace

di Marco Delpino

“Ma perché sei amico di don Gallo?”. La domanda me l’hanno posta in molti, in tanti anni, alcuni cercando anche di dissuadermi dall’amicizia.
“Ma è un sacerdote rosso, un prete comunista, un amico dei drogati e delle puttane…”.
Sono stato per anni un grande Amico di don Gallo; anzi: ero fiero della sua amicizia. Oggi voglio ricordarlo a dieci anni dalla sua scomparsa.
Non sono comunista, non sono di sinistra, meno che mai di destra. Don Gallo mi definiva un “borghese illuminato”, e la cosa mi piaceva. Ma su una cosa posso continuare a difendere don Gallo: sulla sua grande, immensa buona fede. Cui aggiungo la generosità, la coerenza, il coraggio e l’altruismo.
Non aveva certezze, il “don”. E bene fece don Luigi Ciotti, durante l’omelia funebre, dieci anni fa, a ricordare: “se incontrate qualcuno che non ha dubbi, salutatelo a nome di don Gallo e mio e poi cambiate strada”.
Sono stato testimone di tanti momenti pubblici e privati, vissuti con passione, partecipazione e slancio.
Quello di Santa Margherita Ligure era diventato un appuntamento fisso. Da molti anni, ogni estate, sul palco di “Tigulliana Incontri” don Gallo, “sacerdote degli ultimi” e “prete da marciapiedi”, non mancava mai: con Nanda Pivano, con Dori Ghezzi, con la chitarra di Faber, con Moni Ovadia, con il giudice Giuliano Turone, con Mario Capanna, con Vasco Rossi, da solo, ora a festeggiare il suo compleanno, ora a celebrare l’anniversario della sua Comunità. Sempre per parlare degli ultimi, dei bisognosi. Sempre disponibile, sempre pronto ad accontentarmi, anche quando la sua agenda dei lavori era fitta di impegni. La sua segretaria, la mitica “Lilli”, mi diceva per telefono: “So che con te ha una simpatia speciale, per cui anche quest’anno saremo a Santa…”.
Don Gallo era grande amico di Fabrizio De André, forse il primo cantautore a mettere al centro della sua attenzione le persone emarginate, le prostitute, i “peccatori” di varia estra¬zione e tutta la dolente umanità che circola nel mondo reale. Quel mondo di perdenti, “di storie brumose e dolenti, di paradossi e perplessità”, con tutto il bagaglio di fragori e di silenzi che il “don” frequentava per strapparli al baratro all’ultimo momento.
Anche don Gallo diede voce a chi non ne aveva. Lui non si lasciò mai sopraffare dal conformismo. Comprese le sofferenze e i tormenti dei poveri e degli “altri”, diventandone il difensore.
Ricordo don Gallo in decine di incontri, col suo sigaro, la sua sciarpa multicolore della pace, o quella rosso-blu del Genoa. Lo ricordo per quelle sue battute vivaci e spiritose, quelle sue profonde riflessioni che a volte facevano trasalire tutti noi, per i suoi anatemi che lanciava con piacere da Santa Margherita Ligure, città che amava. Quasi una sfida, una provocazione: dalla “culla del benessere” un appello per i poveri tra scroscianti applausi.
Questo perché don Gallo aveva trovato a Santa Margherita Ligure uno dei suoi tanti “palcoscenici di libertà”. E la Sua sete di Libertà è un insegnamento per tutti noi operatori della comunicazione.
Lo voglio pensare nel Paradiso degli Umili assieme a uno stuolo di oppressi, di barboni, di drogati, di poveri e di tante “Bocca di rosa” che Gli diranno: “Grazie, Gallo, per tutto il bene che hai fatto!”.
E il “grazie” lo dico anch’io e lo dico anche per l’amicizia e per la sua sempre squisita disponibilità.
Da qualche nuvoletta del Cielo, lo scorgo fumare il suo immancabile sigaro…

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