di Luca Lavarino
Tra le nuove pubblicazioni della casa editrice ateniese ETPbooks è presente il volume curato da Francesco
Pongiluppi e Luis Miguel Selvelli “Smirne e l’Italia. Comunità, Relazioni, Istituzioni” che, tra i quindici
contributi scientifici, racchiude anche il saggio dello scrivente sulla comunità ligure-piemontese di Smirne
nella prima metà dell’Ottocento.
Le secolari dinamiche migratorie che dalla penisola italiana hanno portato un numero sempre maggiore di
persone a insediarsi sulle coste orientali del Mediterraneo, hanno avuto proprio nella multiculturale città di
Smirne una destinazione di estremo rilievo: qui commercianti, navigatori, operai e artisti giunti dal Bel Paese
si sono trovati a svolgere un ruolo cruciale nella vita e nello sviluppo della cosiddetta “perla dell’Egeo”.
In particolare, il Regno di Sardegna iniziò a propendere verso la Turchia a partire dal 1815 quando, con
l’annessione della Repubblica di Genova sanzionata dal Congresso di Vienna, Casa Savoia si scoprì potenza
marittima e decise di concentrare le proprie forze in politica estera per riattivare il tradizionale import-export
praticato dai mercanti liguri nel Mediterraneo orientale e nel Mar Nero. Dopo gli accordi siglati con le
Reggenze Barbaresche (aprile 1816), grazie all’intermediazione inglese il 25 ottobre 1823 la diplomazia
sabauda concluse con l’Impero Ottomano il tanto ambito trattato di commercio e di navigazione che aprì
finalmente i porti della Sublime Porta alla bandiera sarda. Una volta istituito il consolato di Sua Maestà a
Costantinopoli (1824-1825), il governo di Torino rivolse tutte le sue attenzioni alla città di Smirne, principale
entrepôt dell’Asia Minore e crocevia tra Oriente e Occidente.
Grazie all’approfondita e minuziosa analisi di fonti archivistiche in gran parte inedite, ho dunque ricostruito i
movimenti dei sudditi sabaudi all’interno del tessuto sociale ed economico della Smirne dell’epoca, con una
particolare attenzione verso i traffici dei negozianti nostrani (liguri in primis), le attività degli agenti
diplomatici, le relazioni intercomunitarie e interconfessionali, le cospirazioni dei mazziniani e le strategie
nazionali di soft power.
Oltre ad alcuni sudditi originari di Boves e della provincia di Cuneo che periodicamente giungevano a
Smirne per fare incetta di sanguisughe, tra i piemontesi residenti nella “perla dell’Egeo” si distinsero in
modo particolare il cuneese Francesco Vallauri – proprietario di una delle migliori caffetterie presenti in città
–, la signora monregalese Margherita Borio Bassi – esaltata dal compaesano Giuseppe Francesco Baruffi
«per la soavità del canto» esibita al teatro italiano – e l’avvocato lomellino Stefano Garriri, una delle
personalità sabaude più autorevoli e più carismatiche di tutto il Levante, che contribuì allo sviluppo della
bachicoltura smirniota e dedicò tutta la sua vita alla numismatica.
Una piccola comunità piemontese, formata perlopiù da stagnari mergozzesi, era presente anche a Mitilene,
proconsolato dipendente da Smirne affidato al pioniere dell’industria monregalese della ceramica il dottor
Francesco Perotti, che nel principale porto dell’isola di Lesbo si spese in prima persona per la fondazione di
una chiesa cattolica e per la promozione del commercio dello smeriglio.
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