Non capita tutti i giorni che una libreria prenda una posizione, in senso lato ed alto del termine, politica. Accade a Savona dove la Ubik ha mandato una lunga lettera a tutti i suoi 10mila contatti per dire no all’installazione di un rigassificatore a Savona – Vado Ligure.
La riproponiamo integralmente:
Scusate se come Ubik per una volta vi scriviamo non per proporvi eventi culturali. Il tema è importante, e riguarda tutti noi.
Il Governatore Toti e la giunta regionale hanno deciso per l’installazione di un rigassificatore davanti a Savona e Vado Ligure senza coinvolgere le istituzioni e la cittadinanza (peraltro disattendendo le norme che assegnano ai cittadini il diritto di essere consultati preventivamente per le scelte ambientali). Il Governatore ha coinvolto le istituzioni solo a decisioni già prese e soltanto per contrattare irrisorie compensazioni. Come se il rischio per la salute fosse in vendita e monetizzabile. Come in passato per il carbone.
Inoltre, è stata omessa la reale distanza dalla costa di Savona: meno di 3 chilometri (in alcuni casi fino a 2 chilometri). Hanno detto che rimarrà per 17 anni, ma in realtà saranno 23 anni.
In pratica viene usata la stessa logica perversa del passato: si sceglie il nostro territorio, oltre che per delle predisposizioni strutturali, anche perché ambientalmente ‘già compromesso’. Quella che dovrebbe essere un attenuante a nostra favore (ovvero di non sovraccaricare ulteriormente di nuovi danni o rischi sanitari e ambientali il nostro comprensorio) diventa un’aggravante.
Cosa è un rigassificatore
Una nave gasiera mediamente è lunga come tre campi da calcio e alta come un palazzo di dodici piani. Ma non è una nave come le altre.
Ogni nave scaricherebbe ben 100 milioni di metri cubi di gas (100 milioni, una quantità impressionante), liquefatto a -160 gradi e quindi con una compressione e riduzione di volume di più di 600 volte. La nave gasiera attraccherebbe a fianco alla nave rigassificatrice, che dovrebbe scaricare il gas trasformandolo di nuovo in forma gassosa per poter poi essere immesso nella rete di distribuzione. La capacità annua di rigassificazione è di 5 miliardi di metri cubi.
Rischi per la cittadinanza
I passi compiuti in questi anni sono significativi sul piano della sicurezza delle navi grazie anche a tecnologie e materiali innovativi. L’indice di rischio si è quindi ridotto sensibilmente, ma il rischio potenziale sussiste ancora, e la potenza calorica (o l’energia sprigionabile) in caso di incidente rimane sostanzialmente inalterata. Spesso nei progetti in questione i rischi vengono catalogati come “trascurabili”, ma non viene mai riportata l’opzione zero rischi.
Tra i diversi rischi (benchè remoti) di una gasiera, c’è quello che viene definito “l’incidente più catastrofico immaginabile fra tutte le fonti energetiche”: la fuoriuscita e evaporazione del gas a contatto con l’acqua, la formazione di una immensa nube composta da una miscela di metano e aria che potrebbe essere spinta dai venti verso la costa, successivamente esplodere e provocare un numero assai rilevante di vittime. (*)
* Sono molti gli studi che già alcuni decenni si sono occupati dei rischi di un rigassificatore (in particolare statunitensi: il «Rapporto della Commissione Energetica della California» del 2003, il «Rapporto CRS per il Congresso USA» del 2003, il «Rapporto CRS per il Congresso USA» del 2004, il «Rapporto Sandia» del 2004, il “Science and Environmental Policy Project” del 2001, nonché il “Brittle Power” un approfondito studio per il Pentagono del 1982 commissionato dalla Federal Energy Management Agency).
Quest’ultimo in particolare affermava che, se solo uscisse il 9% del carico di Gnl di una nave gasiera, questo si trasformerebbe in una nube che si espanderebbe velocemente lungo la superficie dell’acqua e potrebbe arrivare fino a 22 Km di distanza (la Commissione Energia californiana parlava invece di un raggio di 55 km, mentre il Rapporto Sandia riferiva di 11 chilometri, tutti comunque ampiamente e molte volte superiori rispetto ai 4 chilometri di Vado Ligure). Nello studio si affermava, inoltre, che nel caso di incidente estremo a una gasiera standard con un serbatoio di 125.000 metri cubi, si sprigionerebbe un’energia pari a quella di 55 bombe di Hiroshima prive di radiazioni.
Anche lo studio “Science and Environmental Policy Project”, 2001 riferiva che “l’esplosione di una gasiera di GNL è simile ad una esplosione nucleare” (sebbene come effetto diluita in un tempo relativamente più lungo).
Il documento del Pentagono riportava inoltre che “non c’è modo di combattere un grande incendio di Gnl”. In altre parole, il disastro ambientale potrà terminare solo quando tutto il gas sarà esaurito. Sono leggi della fisica.
I noti divulgatori scientifici Piero Angela e Lorenzo Pinna (responsabile del programma SuperQuark) descrivevano bene questo scenario: “Una grande nave metaniera contiene un potenziale energetico enorme. Se nelle vicinanze della costa, per un incidente (o un atto terroristico) dovesse spezzarsi e rovesciare in mare il gas liquefatto, potrebbe cominciare una sequenza di eventi catastrofici. Il gas freddissimo, a contatto con l’acqua del mare, molto più calda, inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una pericolosa nube. Questa nube di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più densa dell’aria e potrebbe viaggiare sfiorando la superficie marina, spinta dal vento, verso la terraferma. Scaldandosi lentamente la nube comincerebbe a mescolarsi con l’aria. Una miscela tra il 5 e il 15 per cento di metano con l’aria è esplosiva. Il resto è facilmente immaginabile. Se questa miscela gassosa, invisibile e inodore, investisse una città, qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube. La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo, questa volta nell’ordine di potenza distruttiva delle bombe atomiche. Le vittime immediate potrebbero essere decine di migliaia, mentre le sostanze cancerogene sviluppate dagli enormi incendi scatenati dall’esplosione, ricadendo su aree vastissime, sarebbero inalate in piccole dosi, dando luogo a un numero non calcolabile, ma sicuramente alto, di morti differite nell’arco di 80 anni.”
Si tratta di uno scenario assolutamente improbabile, ma non impossibile”.
Ricordiamo che le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki avevano una potenza calorica equivalente a circa 16.000-22.000 tonnellate di tritolo. Piero Angela per descrivere la potenza calorica di una gasiera parla invece di un milione di tonnellate di tritolo, decine di volte maggiore della bomba di Hirosima.
Quando si rivolge ai nostri amministratori locali, il gestore del progetto SNAM parla di impianto estremamente sicuro. Però quando si rivolgeva agli azionisti forniva una versione ben diversa: nel Prospetto Informativo per la quotazione in Borsa di anni fa infatti dichiarava: “il rischio di risarcimento danni a persone è connaturato a impianti di rigassificazione”. “Non si possono escludere l’inquinamento” e “obblighi di risarcimento causati da impianti di rigassificazione”. In aggiunta, nonostante le coperture finanziarie di tali colossi energetici, il documento (presumibilmente proprio per i rischi ad ampia scala di un eventuale incidente) riportava che “le attuali coperture assicurative potrebbero non essere sufficienti a far fronte a tutte le richieste di risarcimento danni”
In generale, da quando è nata questa tecnologia ci sono stati diversi incidenti: per valvole o guarnizioni difettose, errori umani, fulmini, tempeste in mare, collisioni, cedimenti strutturali dei serbatoi, incendi in sala macchine, ecc. Fortunatamente sono stati incidenti non gravi, ma il rischio del “peggior scenario energetico possibile” resterebbe comunque latente e presente ogni giorno e per 23 anni nelle nostre vite. Dovremo convivere anche con un sistema di allarme per la popolazione (obbligatorio per legge) che si attiverebbe in caso di incidente.
Risolutive al proposito sono quindi le parole di Piero Angela: “Scenario assolutamente improbabile, ma non impossibile”.
Toti quindi sostiene che il rischio è “trascurabile”, ma sa che non può dichiarare che “è impossibile”.
Inquinamento prodotto
Senza dimenticare l’inquinamento che provoca una nave di queste dimensioni, sia per le cosiddette emissioni ‘fuggitive’ di gas (l’impianto libererebbe nell’aria ogni anno milioni di metri cubi di gas metano contribuendo in maniera significativa sia all’inquinamento che all’effetto serra), sia per l’inquinamento da combustione (una nave di questa tipologia brucia circa 100 tonnellate di carburante al giorno), e sia per le sostanze inquinanti rilasciate in mare: il ciclo prevede il prelievo di 18.000 metri cubi di acqua di mare ogni ora (l’equivalente di un grattacielo), che dovrà essere sterilizzata con pura candeggina (ipoclorito di sodio) e scaricata fredda, a -7°C rispetto a quando prelevata; questo processo può determinare impatti molto dannosi sugli organismi marini: il cloro attivo reagisce con la sostanza organica presente nell’acqua e forma composti organoclorurati (tossici, mutageni, non facilmente biodegradabili) che entrano nel ciclo alimentare.
Criticità del progetto
Ricordiamo anche che nel progetto per il sito di Vado Ligure sussistono molte criticità anche a livello tecnico (**)
** -la Golar Thundra (con serbatoi a membrane) non è stata progettata per il trasferimento del gas off shore (a largo della costa);
-la VIS Valutazione di Impatto Sanitario non ha valutato adeguatamente la situazione sanitaria pregressa (studio CNR e altri) determinando pertanto una potenziale sottostima degli impatti (da sottolineare che la Giunta regionale, contravvenendo al principio di precauzione, non attende l’esito di primo grado del processo Tirreno Power previsto tra due mesi per l’accusa di disastro ambientale);
-sono stati esclusi dalla Conferenza dei Servizi diversi Comuni, in realtà competenti per rischio ambientale in base alla popolazione potenzialmente esposta agli effetti;
-l’impianto di regolazione a Valleggia sarà vicinissimo ai depositi della Sarpom, con ciò disattendendo il principio di precauzione e presumibilmente anche la normativa Seveso;
-la distanza di sicurezza di 3 km dalla terraferma è largamente insufficiente (in altri Comuni il rigassificatore è progettato a 22 km, ennesimo elemento che dimostra come il nostro territorio non sia adatto a questo progetto); ecc
Zero posti di lavoro
Il Governatore, non potendo far leva su nuovi posti di lavoro (di fatto inesistenti), ha fatto leva sul nostro “orgoglio”.
E a chi ha manifestato comprensibili dubbi sui rischi di questo progetto, ha riservato parole sprezzanti, definendole persone che “si nascondono dietro mille dubbi, piccole e meschine paure, bizantinismi”.
Il nostro NO al rigassificatore non nasce da paure “meschine” ma bensì legittime e documentate; e non ha nemmeno colore partitico: a capo della protesta che ha recentemente bloccato il progetto a Piombino c’è la fiera opposizione del Sindaco di centrodestra, lo stesso schieramento di Toti.
Danni reali e potenziali alla nostra economia
Oltre ai rischi incidente rilevante, non bisogna dimenticare i numerosi danni all’ambiente marino, (sostanze inquinanti, modifica della temperatura dellle acque, ecc), al settore ittico, all’agricoltura, soprattutto al settore turistico, ricettivo, balneare, e indirettamente quindi anche al commercio, al terziario, ecc: come si comporteranno i turisti quando verranno a conoscenza della presenza di una nave con potenza calorica equiparabile a quella delle testate nucleari a soli 2 chilometri dagli alberghi e dalle spiagge?
Intorno alla nave verranno inoltre create tre zone circolari di interdizione (con raggio di 2-5 miglia nautiche) dove saranno vietate totalmente o parzialmente la navigazione, la sosta, la pesca. Un enorme specchio di mare, pari a circa 300-400 chilometri quadrati, potrebbe venire sottratto alla libera fruizione dei cittadini.
Territorio già con sofferenze e rischi ambientali e sanitari, sia attuali che pregressi
Questa è una provincia che ora, come in passato, è stata compromessa per decenni da una industrializzazione pesantissima (***).
*** su questo territorio ha operato per decenni e in pieno centro abitato una grande centrale a carbone, di cui si voleva addirittura l’ampliamento (centrale che ha bruciato 5.000 tonnellate di carbone al giorno per 43 anni), ed è tuttora in corso un processo per disastro ambientale e sanitario nel corso del quale tra l’altro si è evidenziato lo studio del CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche (su 144.000 residenti) commissionato dalla stessa Regione Liguria, dal quale -in linea peraltro con le evidenze scientifiche rilevate dai consulenti della Procura- era emerso un impressionante eccesso di mortalità generale del +49% nelle zone esposte ai fui della centrale (fino a +90% di eccesso di mortalità “per malattie dell’apparato respiratorio). Dati gravissimi, più alti che a Taranto.
Il territorio è tuttora sottoposto a pesanti effetti inquinanti: una grande centrale a turbogas (che si voleva anch’essa raddoppiare), due discariche di cui una in ampliamento, la piattaforma Maersk, il pesante traffico veicolare collegato ad essa e ad altre attività, altre industrie RIR (a Rischio Incidente Rilevante), diversi siti da bonificare, la costruzione dei cassoni per la diga foranea. Recentemente si sta portando a termine anche il progetto dei depositi GLN a Bergeggi: 12 enormi serbatoi per un totale di 21.000 metri cubi di Gas liquefatto (equivalente a 13 milioni di metri cubi di gas con riduzione di volume di 600 volte) con successivo trasporto su cisterne e presumibilmente anche treni, anche qui con rischio per la collettività (vedi l’incidente di Viareggio). Si parla tuttora per la nostra provincia delle ipotesi dei depositi di bitume e anche di un inceneritore (previsto in Liguria dal Piano Rifiuti).
Non si vuole in questa sede discutere nel merito della necessità di questi interventi nella politica energetica nazionale (argomento peraltro discutibile: in questi ultimi mesi i depositi di stoccaggio nel nostro paese sono al massimo delle potenzialità e viene prospettata la fine del periodo ‘emergenziale’, ma soprattutto da troppi anni ormai si torna a investire su fonti di energia fossile invece che sull’energia rinnovabile).
Il punto fondamentale è che questo è un territorio che (come elencato sopra) con queste servitù ambientali ha pagato e sta tuttora pagando un prezzo altissimo. Il sito di Vado Ligure è infatti caratterizzato da un elevato stato di contaminazione delle matrici ambientali, con evidenti e riconosciute ripercussioni sullo stato di salute della popolazione residente (il Giudice GIP già nell’ordinanza del sequestro dei gruppi a carbone del 2014 parlava di “ingente danno alla salute provocato dal dimostrato aumento del ricoveri ospedalieri e del numero dei decessi”).
Non è pertanto possibile escludere che la realizzazione dell’opera possa determinare un ulteriore aggravio delle condizioni ambientali e dello stato di salute del sito e della popolazione residente, già fortemente compromesse, in uno scenario di potenziale disastro ambientale.
Il nostro territorio non può quindi sopportare nuove servitù di matrice ambientale, né accettare soluzioni di compensazioni (che non sono attuabili nel caso di rischi per la salute), ma ha bisogno -e ha il diritto- di essere risanato, per rilanciare la sua vocazione nel turismo e nel terziario.
Trattare per eventuali modifiche (tracciati diversi della tubazioni su terra, distanza maggiore della nave dalla costa, maggiori compensazioni, ecc) non cambierebbe la sostanza delle criticità riportate sopra. L’unica opzione accettabile è quella del No al rigassificatore.
Siamo in tempo per impedirlo. Bisogna agire ora
In altre città (Piombino in Toscana, Portovesme in Sardegna) i cittadini e le amministrazioni si sono ribellati a questa imposizione e hanno bloccato questo progetto. Si può ancora impedirlo.
Alcuni di voi riterranno giusto che Savona ospiti un impianto così invasivo e pericoloso. E’ legittimo, e fa parte della dialettica su questioni così importanti. D’altronde ci sono persone che legittimamente troverebbero giusto anche ospitare una centrale nucleare (che peraltro ha un coefficiente di rischio incidenti più basso).
Per quelli che invece ritengonono che il nostro territorio NON debba sobbarcarsi anche di questo rischio incombente per oltre vent’anni, ora è il momento di fare qualcosa.
Informatevi, scrivete agli amministratori regionali e locali e ai media per far sentire la vostra voce, diffondete e promuovete queste informazioni con i vostri conoscenti anche sui social, se volete dare una mano attivamente scrivete alla principale associazione che sostiene questa battaglia: viverevado@libero.
Si è recentemente formato un Coordinamento No al rigassificatore. Presto ci saranno convegni, ricorsi, volantinaggi.
Abbiamo bisogno di voi.