Strage di Ustica, le dichiarazioni di Giuliano Amato suscitano scalpore ma c’era già chi aveva scritto

di Marco Delpino
Stanno suscitando scalpore le dichiarazioni dell’ex Presidente del Consiglio Giuliano Amato sulla
strage di Ustica e sulle responsabilità della NATO nell’abbattimento del DC9 dell’Itavia la sera del
27 giugno 1980, ma queste “parziali” accuse di colpe (americane o francesi) erano già note da
tempo e noi stessi, sulla rivista “Bacherontius”, nell’aprile 2021 (quindi oltre due anni fa) avevamo
già pubblicato una lunga inchiesta di quattro pagine che si basava su precise documentazioni e
soprattutto sulle indagini condotte da un grande giornalista (scomparso di recente): Andrea
Purgatori.
Purgatori ha avuto il merito di svelare molti misteri di questa nostra Italia e di seguire in particolare
il “caso Ustica”, realizzando anche un film (“Il muro di gomma”) ritrasmesso di recente sulla 7, e
dedicando all’argomento varie puntate della sua rubrica “Atlantide”.
A tutto ciò aggiungiamo le documentazioni prodotte (e in parte desecretate) sul tragico evento e un
altro ottimo film sul caso Ustica realizzato dal regista e scrittore Renzo Martinelli nel 2016.
Nelle quattro pagine da noi pubblicate nell’aprile 2021 abbiamo sostenuto la tesi dell’inseguimento
da parte di due caccia alleati (francesi o americani) di un mig libico che volava accodandosi alla
rotta del DC9 dell’Italia partito da Bologna destinazione Palermo.
Quella sera, però, nel mar Tirreno, era in corso una vasta operazione di addestramento della Nato,
per cui uno dei due caccia, intercettato il mig libico, che rifiutò l’ordine impartito di essere “preso in
consegna”, lanciò un missile al fine di abbattere l’aereo nemico. Ma una improvvisa virata del mig
libico nei cieli di Sicilia fece sì che l’ordigno (a guida a raggi infrarossi e quindi in grado di
inseguire una fonte di calore) andasse a colpire l’aereo di linea, più grande e più “caldo” del mig
libico scampato a questo primo attacco. Quest’ultimo, ulteriormente inseguito dai due caccia alleati,
fu quindi abbattuto sui monti della Sila e “ritrovato” 21 giorni dopo (il 18 luglio 1980), mentre i
resti furono posti sotto sequestro a causa del “segreto di stato”.
Il risultato di quella “guerra nei cieli del Tirreno” fu la morte di 81 persone tra uomini, donne e
bambini.
Ma la “verità” nascosta aggiunge un “tassello” inconfessabile per l’Italia.
Perché il mig libico si trovava, quella sera, allineato lungo il tracciato dell’aereo di linea per
sfuggire ai radar alleati? Perché tra Italia e Libia esisteva una sorta di “patto segreto”, secondo il
quale gli aerei militari di Gheddafi avrebbero potuto sorvolare i cieli d’Italia, a insaputa degli alleati
del Patto atlantico, per raggiungere una base jugoslava, controllata dal Maresciallo Tito, al fine di
attuare opere di manutenzione a quel tipo di velivoli che, essendo di fabbricazione sovietica, non
potevano raggiungere i lontani confini dell’Urss. Per questo i velivoli libici erano soliti allinearsi
lungo i tracciati degli aerei di linea italiani. Quella sera, però, a causa dell’operazione Nato in corso,
il mig libico fu intercettato sia dalla portaerei francese Foch, sia da quella statunitense Saratoga. E
fu guerra nei cieli, con la conseguente strage di civili.
Omertà, silenzi, complicità e segreti di stato hanno impedito, per 43 anni, di far luce completa
sull’accaduto. Non a caso, le parziali ammissioni di Giuliano Amato sono già oggetto del solito
“polverone mediatico” che finirà coll’offuscare, ancora una volta, questo grande mistero di un’Italia
a “sovranità militare” molto ma molto… limitata.
Nella foto: due delle quattro pagine dedicate al mistero di Ustica dal periodico “Bacherontius”
nell’aprile 2021.

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