di Massimo Iaretti
Continuiamo a ricevere in redazione, non soltanto dal Piemonte o dalla Liguria ma da tutta Italia,
lamentele per i ritardi negli inoltri postali soprattutto nel settore delle stampe periodiche. Situazioni di
disagio che vanno a sommarsi ad altre inefficienze del servizio postale ordinario, ritardi che, nel caso
dei periodici, superano di gran lunga il mese dalla data di spedizione.
Appare chiaro che questo continuo disservizio rischia di portare alla chiusura tante “voci” indipendenti
che, in un periodo difficile per l’editoria, continuano nell’opera di informazione soprattutto grazie al
volontariato giornalistico.
Ma il problema non riguarda soltanto le piccole “testate” periodiche, inviate in abbonamento postale da
associazioni sociali, culturali, sportive e ricreative, ma anche riviste diocesane se non addirittura
importanti periodici che vengono pubblicati da decenni, come “Famiglia Cristiana”, “Frate Indovino” o
la rivista “San Francesco”.
«Gli inammissibili ritardi o addirittura i mancati ricevimenti dei periodici da parte degli abbonati – ci
conferma Marco Delpino, giornalista ed editore di “Tigulliana” e “Bacherontius” – rappresentano una
violazione di quegli elementari diritti di libertà di stampa e di informazione di una nazione che vuol
dirsi civile e democratica».
Cosa chiedono, infatti, gli abbonati alla stampa periodica? Che le Poste tornino a svolgere la loro
funzione principale, che è quella di consegnare la… posta, appunto. E farlo con quella solerzia che
potrebbe consentire a una rivista di far giungere la sua “voce” in tempi… “normali”. E cosa si intende
per tempi “normali”? Diciamo cinque, sei giorni?… Facciamo una settimana? Perché altrimenti che
senso avrebbe una “notizia” o un articolo confezionato, ad esempio, a novembre che giunga al
potenziale Lettore due mesi dopo?
«Uno Stato democratico e civile dovrebbe garantire questi diritti attraverso servizi quanto meno
“efficienti” – aggiunge Antonio Luca Sorbello del “Presidio del Libro” di Liguria. – E poiché tra i diritti
che lo Stato promuove è contemplato anche lo “sviluppo della cultura”, è ovvio che la stampa
rappresenta uno di quei supporti atti a… “promuovere lo sviluppo della cultura” (come dice la
Costituzione)».
Se dunque il Cittadino paga un “servizio”, gli editori chiedono alle Poste Italiane il rispetto delle regole
e dei tempi.
L’editoria periodica si trova già in un momento di difficoltà a causa degli aumenti della carta e delle
spese tipografiche, ma la mancanza di rispetto dei tempi di consegna da parte delle Poste rischia di
portare alla chiusura di tante “voci” libere che garantiscono la pluralità dell’informazione.