di Guido Michelone
Tutti noi, anche qui in Piemonte, abbiamo a che fare con donne e uomini dell’Ucraina, ormai da qualche decennio: si tratti di badanti, operai, lavoratrici e lavoratori in genere, ma anche studentesse e studenti che vengono in Italia o nell’Unione Europea per tentare fortuna o guadagnare qualche soldo in più, magari per tornare poi in patria e replicare l’esperienza piemontese, italiana, europea in qualche attività economica, imprenditoriale, finanziaria. Ma da un anno le cose sono cambiate e, tutti noi, oltre le notizie del telegiornale, abbiamo testimonianze dirette di ciò che sta succedendoa un popolo invaso da una superpotenza straniera.
E il Piemonte in tal senso non è secondo a nessuno in quanto aiuti umanitari, magari inconsciamente sull’onda emotiva di quella lontana esperienza sabauda che – a metà Ottocento – impegnò alcuni reparti dell’Esercito Regio di Sardegna nella cosiddetta Guerra di Crimea: francesi, britannici, turchi e appunto Piemonte-Savoia da un lato contro i russi dall’altro. Tuttavia i ricordi oggi si spostano su un altro fronte e la guerra Ucraina-Russia ricorda piuttosto il durissimo quadriennio di trincea durante il primo conflitto mondiale (1914-1918) che, come perdite di vite umane fra i giovani soldati, fu ben peggiore del secondo (inutili entrambi, peraltro). Ma ci vengono in mente anche Hiroshima e Nagasaki, ovvero le prime testate atomiche sganciate, quando Putin minaccia un possibile attacco nucleare; o ancora pensiamo alle
marce per la pace indette negli anni Sessanta del XX secolo da una gioventù trasversale che comprendeva tutti (democratici, liberali, socialisti, cattolici, eccetera) sfilando e cantando gli inni dedicati all’amore e alla libertà.
Ora riteniamo che non vi sia nulla di peggio – oltre la guerra e la violenza – della mancata conoscenza della storia mondiale e di tutto ciò che attorno a essa può essere contestualizzato, ragion per cui, piuttosto che addentarci in analisi fumose (magari contraddette domani stesso) sul futuro della guerra Russia-Ucraina (che ovviamente speriamo finisca il più presto possibile) consigliamo tre libri – un classico e due recenti – per affrontare meglio questo tragico problema: il primo è Niente di nuovo sul fronte occidentale (1928) di Erich Maria Remarque un romanzo che narra l’assurdità della prima guerra mondiale dalla parte di un soldato semplice; il secondo Bomba atomica (2022) di Roberto Mercadini ci presenta le vicende autentiche che hanno condotto a creare e utilizzare l’ordine più potente nella storia dell’umanità; il terzo infine I solchi della storia (2021) di Maurizio Galli parte da alcuni drammatici avvenimenti, dal Settecento a oggi, che hanno ispirato grandi musiche di tutti i tipi dai compositori ai cantautori, dalla classica al rock, dal folclore al pop.
Chiediamoci, dopo aver meditato sul tema e magari aver letto questi libri, quale contributo possiamo ancora dare noi con l’esperienza piemontese, italiana, europea che non ha eguali su questa Terra.