Dal motivo musicale di Giovinezza: tra la versione goliardica e quella fascista un testo del ‘Biennio Rosso’, ‘Bolscevismo’

di Giovanni Alpa

Tutti, almeno ad orecchio, conoscono “Giovinezza” quale inno fascista. Tale inno fu comunque inviso dall’ ultimo “Minculpop” guidato da Mezzasoma, quindi dalla repubblica di Salò, a causa di quella strofa che recita testualmente: “… per Benito Mussolini eia eia alalà, per la casa di Savoia eia eia alalà…”. Questo inno venne comunque composto sul motivo musicale di un primo testo di “Giovinezza”, pilastro, per i suoi tempi, della musica leggera italiana. Non tutti, invece, sanno che fra il primo testo di musica leggera ed il terzo testo (oggi il più noto) di musica apologetica del ventennio, venne scritto un secondo testo sulla scia della Rivoluzione d’ ottobre. Tale testo, successivamente apprezzato sia da Lenin che da Gramsci, si intitola “Bolscevismo”. Il suo autore fu Raffaele Mario Offidani (Sant’ Elpidio al Mare 1890 – Roma 1968), uno dei tanti socialisti che dopo il Congresso di Livorno del 1921, si erano schierati col PCd’I guidato da Bordiga. Dal ritornello di tale inno (“…bolscevismo, bolscevismo sei il vero socialismo…”) traspare la volontà dell’ autore di mettere in discussione il ruolo del Partito Socialista, tra l’ altro a guida massimalista, quale motore trainante del proletariato italiano. Non dimentichiamo che erano i tempi in cui Lenin avrebbe presto affermato che quella Seconda Internazionale fondata da Engels nel 1889, fosse equiparabile ad una camicia in cui necessitasse cambiare il colletto perché ormai esausto. L’ inno “Bolscevismo” nasce nel 1919, anno in cui, in Italia, esisteva ancora, quale unico partito marxista, quel PSI che dopo la scissione di Livorno, indipendentemente dall’ avvenuta fuoriuscita dei comunisti, genererà una ulteriore scissione: quella del Partito Socialista Unitario che si dette quale presidente Filippo Turati e quale segretario Giacomo Matteotti. Questo partito, negli anni immediatamente successivi, vedrà tra i suoi primi Martiri, l’ Onorevole Giuseppe Di Vagno e l’ Onorevole Giacomo Matteotti. Nel corso del testo di “Bolscevismo”, possiamo leggere: “… una fiamma rifulgente dalla Russia sfolgorò…” e poi ancora: “… il gran faro dell’ Oriente splende sempre più gigante…”. Da questi versi, scaturiti dalla penna di un grande idealista (che comunque, nel 1926 non ebbe la determinazione di mettere in discussione la deriva stalinista), potremmo dedurre che l’ autore individuasse, nel nuovo PCd’I, non una componente del Movimento operaio ma l’ unica legittima componente del movimento stesso. Vedremo poi, nell’ agosto 1922, come i nodi verranno al pettine. Lo vedremo nelle eroiche Cinque giornate di Parma, in cui i comunisti dettero, sì, un esemplare contributo ma lo fecero su iniziativa individuale, visto che Bordiga, aveva dato loro disposizione di non aderire alla difesa di Parma. Questo, Lenin e Zinoviev, non sarebbero proprio stati disposti a perdonarglielo.

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