Genova, cosa (non) è stato fatto in un anno di Psa. Il punto di Cia Genova e Piemonte

7 gennaio 2022. Viene accertato il primo caso di peste suina africana (PSA) ad
Ovada. Un anno dopo – con 86 casi Liguria e 150 in Piemonte su un totale di 284
accertati in tutta Italia – siamo nel pantano.
Nessun abbattimento, nessuna risorsa. E soluzioni abbozzate e inconcludenti che
fanno riferimento a dati indecifrabili se non contraddittori.
Nella stagione 2022/2023 i piani PRIU regionali prevedono che vengano abbattuti
50.000 cinghiali in Piemonte e 38.000 in Liguria.
“Ma rimaniamo sempre nel campo delle ipotesi irrealizzabili – chiarisce Stefano
Roggerone, presidente Cia Liguria -. E’ un obiettivo impossibile da raggiungere visto
che ad oggi nella zona rossa è stato abbattuto un numero di capi irrisorio rispetto
agli obiettivi e NON sono state messe a punto neppure le battute di caccia. Le
aziende vivono una situazione surreale: gli agricoltori continuano a subire danni dai
cinghiali, gli allevatori hanno dovuto abbattere i suini (6499 maiali macellati in
Piemonte, 286 in Liguria macellati: tutti sani) e ad oggi NON hanno visto un
quattrino per il danno subito anche rispetto all’impossibilità di reintroduzione degli
animali in allevamento, ancora bloccato visto il protrarsi dello stato di emergenza”.
I dati sono impietosi. E confusi.
Il numero totale (sottostimato) dei cinghiali è di 104.816 in Piemonte, in Liguria tra
i 35.000 e i 56.000: due dati a dir poco sorprendenti per l’inusuale precisione da una
parte e per la “forchetta” amplissima dall’altra.
Si confida sull’attività venatoria, ma in Liguria i cacciatori attivi nella stagione 2011-
12 erano 20.524; dieci anni dopo sono 13.885. In Piemonte in vent’anni si sono
dimezzati: oggi sono meno di 17.000. . Non è un caso che in questi anni l’obiettivo
prefissato di capi da abbattere – a fronte oltretutto di una popolazione
abbondantemente sottostimata – non sia mai stato raggiunto.
Nella Zona Rossa le regole che hanno imposto hanno portato ad uno “sciopero” dei
cacciatori che NON hanno nessuna convenienza a fare le battute di caccia. Risultato:
nella parte della Zona Rossa soggetta a maggiori restrizioni per le possibilità di
infezioni, in Liguria sono stati abbattuti solo 98 capi, in Piemonte 346.

Se si prende il totale dei capi abbattuti tra Zona Rossa e zone libere il dato è
altrettanto allarmante rispetto agli obiettivi prefissati: in Liguria 10648 capi
abbattuti rispetto ai 38.000 previsti; in Piemonte 9004 capi abbattuti rispetto ai
50.000 ipotizzati.
Non esiste una “logistica” della gestione delle carcasse. Di fronte ad un obiettivo di
depopolamento di quasi 90.000 capi, si sarebbe dovuto mettere in piedi un
coordinamento stretto tra tutti i soggetti coinvolti, per realizzare un’organizzazione
strutturata – con celle, luoghi di lavorazione e laboratori – per gestire il sistema di
smaltimento e le diverse situazioni di carni infette o sane.
La recinzione – sulla cui effettiva utilità abbiamo più di un dubbio – va a rilento: ad
oggi sono stati installati 105 Km sui 170 previsti. NON si hanno certezze di quando
l’opera verrà completata in una fase di forte ripresa dei casi.
«È un’emergenza nazionale e come tale va trattata – spiega Gabriele Carenini,
presidente di Cia Piemonte -. Gli sforzi attuati finora NON sono stati sufficienti. Cia
intende riportare la condizione naturale della fauna selvatica nel rispetto dell’attività
degli imprenditori agricoli, che producono cibo e preservano il territorio. Insistiamo
nel chiedere al nuovo Governo la revisione della legge in materia, 157/92, spostando
l’attenzione dal concetto di “tutela” a quello di “gestione dei selvatici, anche per
l’incolumità pubblica e la sicurezza stradale».
E a proposito di sicurezza stradale in Liguria negli ultimi 5 anni i daini hanno
causato almeno un incidente alla settimana, i cinghiali anche qualcosa di più. E
anche in questi casi sono dati sottostimati, visto che in tanti non denunciano il
sinistro. In Piemonte solo che nel 2021 la media è di due incidenti al giorno.
Un pantano dove non si capisce chi ha veri poteri di coordinamento e decisionali.
Ministero Agricoltura, Ministero Sanità, Regioni, ATC, Comprensori alpini: tanti i
soggetti in campo con competenze che rimangono spezzettate. E’ stato nominato
un commissario ma di fatto senza il potere effettivo di operare. Se rimane così la
figura del Commissario NON serve a nulla.
«Si tratta di definire le priorità che per Cia sono la tutela del territorio e dell’impresa
agricola – sottolinea Daniela Ferrando, presidente provinciale di Cia Alessandria -.
Le strategie finora adottate hanno cercato di conciliare le diverse esigenze
(ambientali, agricole, faunistiche), senza dare reale supporto a nessuna. La gestione
della PSA riguarda l’economia di un vasto indotto, che sta pagando le conseguenze
di un anno di burocrazia e rimpalli di competenze. Troppi organi su tanti livelli
stanno intervenendo, tutti si rimbalzano responsabilità, creando ritardo: NON
possiamo più aspettare».
Dal 2018 al 2021 le domande di rimborso sono aumentate del 40%. Ma le risorse
disponibili sono rimaste le stesse. Risultato: la maggior parte degli agricoltori
rinuncia a chiedere il rimborso dei danni che Cia Liguria stima intorno ai 5 milioni

annui ( si pensi solo alla distruzione dei muretti a secco), Cia Piemonte stima intorno
ai 10 milioni.
“ In Liguria lo scorso autunno abbiamo raccolto oltre 6000 firme in strada per
cambiare la legge regionale, garantendo rimborsi giusti e più tutele per il lavoro
degli agricoltori – ricorda Federica Crotti, presidente provinciale Cia Liguria di
Levante -. Ma NON sono stati fatti passi in avanti per dare soluzioni concrete e con
la peste suina la situazione è ulteriormente precipitata. Nella Zona Rossa le aziende
agricole e agrituristiche continuano da una parte a sopportare le conseguenze dei
limiti imposti agli spostamenti anche turistici sul territorio, dall’altra vedono le
proprie produzioni locali costantemente massacrate dai cinghiali che rimangono
all’interno della recinzione ad oggi realizzata”.
Per “uscire dal pantano”, Cia Liguria e Cia Piemonte chiedono
– Rimborsi immediati per gli allevatori e certezza su quando si potranno
riprendere le attività di allevamento sospese
– Nuove risorse per coprire i danni subiti dagli agricoltori e gli oneri per i piani di
abbattimento
– Certezza su numero e tempistica degli abbattimenti dentro e fuori la Zona
Rossa ( compreso eventuali sistemi incentivanti)
– Chiarimento definitivo dei poteri del Commissario
– Revisione delle legge nazionale 157/92
– Adozione del “modello Umbria” che ha liberalizzato l’utilizzo delle gabbie. Un
sistema che obbliga chi le adotta a segnalarne la presenza nonché la cattura
del cinghiale. E che ha dimostrato un’ottima percentuale di successo.

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