Alessandria, la Procura chiede il rinvio a giudizio della “Solvay Specialty Polymers Italy s.p.a.” per disastro ambientale

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria ha notificato la chiusura delle
indagini preliminari e la richiesta di rinvio a giudizio a carico della “Solvay Specialty Polymers Italy
s.p.a.”, società soggetta a direzione e coordinamento della multinazionale “Solvay S.A.” di
Bruxelles (Belgio), con sede legale in provincia di Milano e stabilimento in Spinetta Marengo,
frazione del comune di Alessandria.
Ora spetterà al Giudice per l’Udienza Preliminare valutare la proposta di esercizio dell’azione
penale nei confronti dell’azienda e di due direttori che si sono avvicendati alla guida dello
stabilimento chimico dal 2015 al 2022, i quali, con le dovute garanzie relative allo stato del
procedimento, se le contestazioni saranno confermate in ogni grado di giudizio, potrebbero essere
ritenuti responsabili del reato di disastro ambientale (art.452 quater e quinquies c.p.).
Le ipotesi di reato hanno origine da una pregressa attività di indagine svolta dal Nucleo Operativo
Ecologico dei Carabinieri di Alessandria con la stessa Procura, iniziata nel maggio 2008 e definita il
14 dicembre 2015 con sentenza di condanna della Corte di Assise di Alessandria, confermata nel
2019 dalla Suprema Corte di Cassazione, che comprovò le responsabilità della società Solvay per il
reato di disastro colposo innominato per la contaminazione della falda e della zona circostante,
condannando i vertici dell’epoca ed imponendo il risanamento con bonifica delle matrici
ambientali, su cui è ancora attivo il sito produttivo, dalla pregressa contaminazione.
Le successive indagini, avviate alla fine del 2020 sempre dal locale reparto dell’Arma dei
Carabinieri specializzato nel contrasto alle più gravi forme dei reati ambientali e coordinate dal
Gruppo per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica di Milano, si sono avvalse del contributo
di consulenti tecnici e esperti tra cui – in particolare – personale dell’ARPA di Alessandria, e hanno
permesso e di ipotizzare a carico dell’azienda e di due dirigenti la responsabilità di avere omesso di
provvedere al più efficace risanamento della pregressa contaminazione imposto dalla sentenza di
condanna; inoltre, è stato chiesto il rinvio a giudizio perché sono stati raccolti elementi utili ad
ipotizzare che Solvay abbia determinato in modo irreversibile la già sensibile alterazione delle
matrici ambientali (aria, acqua, suolo e sottosuolo), continuando a inquinare il terreno e le acque di
falda sottostanti lo stabilimento, ove – secondo quanto rilevato dagli investigatori – sarebbe stata
riscontrata una diffusa e cospicua concentrazione di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), note come

sostanze chimiche permanenti (“forever chemicals”, da cui ha origine il nome convenzionale
dell’indagine), di accertata tossicità per l’ambiente e l’uomo, tra cui il cC6O4, di brevetto e uso
esclusivo Solvay.
Nella richiesta di rinvio a giudizio la Procura, concordando che le risultanze investigative dei
carabinieri, chiede che venga esercitata l’azione penale per accertare le eventuali responsabilità
della società anche per aver affidato il contenimento (e parte del risanamento) della contaminazione
della falda alla realizzazione di una barriera idraulica (che non può essere considerato un presidio
contro le perdite impiantistiche) tesa a delimitare e contenere le sostanze inquinanti (tra cui cromo
esavalente, arsenico, piombo, ddt, idrocarburi pesanti), la cui tenuta si sarebbe dimostrata nel tempo
inefficiente, come evidenziato in occasione delle alluvioni del 2014 e del 2019.
Infine, se le condotte verranno accertate, i vertici aziendali sono ritenuti responsabili di aver omesso
di contenere e prevenire il trascinamento e il dilavamento dei materiali di scarto del processo
produttivo, contenenti PFAS e movimentati all’aperto (in particolare fanghi e gessi) infiltrati nel
terreno per loro inidonea conservazione in discariche interne allo stabilimento.
Tale discarica è stata oggetto di un provvedimento cautelare, disposto dalla Procura della
Repubblica, che ha interessato due delle tre vasche di cui è composta, già dichiarate esauste, ove
sono contenuti fanghi industriali fluorurati contenti PFAS, essendo emerso che il sito sarebbe stato
sfruttato saturandolo oltre i volumi autorizzati, collocandovi circa cinquemila tonnellate di rifiuti
oltre il consentito. E’ stato di conseguenza contestato il danno erariale per l’evasione dell’ecotassa
di circa 130 mila euro ed il direttore protempore è stato denunciato anche per truffa ai danni dello
Stato.
Conseguentemente agli avvisi di garanzia, perquisizioni, sequestri e contestazioni varie da parte
degli inquirenti, Solvay ha annunciato alla Procura di aver stanziato circa € 250 milioni per opere di
miglioramento e bonifica del sito, ha creato un nuovo impianto di depurazione dotato di tecnologie
all’avanguardia ed ha iniziato la riconversione degli impianti con graduale abbandono della
produzione ed uso dei PFAS.

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