di Guido Michelone
Il centenario della marcia su Roma, lo scorso 28 ottobre, passerà forse alla Storia per una coincidenza fortuita: il
varo, pochi giorni prima, di un governo capeggiato da una forza politiche un tempo vicina, più o meno esplicitamente, a
quelle ideologie ultranazionaliste, che, un secolo fa, portarono al governo, attraverso una occupazione simbolica
dell’Urbe Eterna, il movimento fascista di Benito Mussolini. Quest’ultimo, come la Storia insegna, restò al potere in
Italia in interrottamente per 21 anni o 23 se si considera anche il biennio della RSI, Repubblica Sociale Italiana,
costituitasi dopo l’8 settembre 1943, nel centro Nord, mentre il Sud viene liberato via via dagli Anglo-americani che
porteranno a termine l’impresa il 25 aprile 1945.
Queste notizie parrebbero scontatissime per intere generazioni, almeno fino baby-boomer, i cui genitori
anagraficamente possono essere ancora quelli che vissero, magari con gli occhi dei bambini, la tragedia della seconda
guerra mondiale. Ora, alla luce della composizione del nuovo governo (in cui lavora comunque un insieme di forze
conservatrici, reazionarie, moderate e centriste), occorre dare il giusto peso alle parole di tutto il Centrodestra, che
sembra da tempo prendere le distanze dalle idee fasciste, proprio nei giorni del centenario della marcia su Roma. Non
serve solo il 29 ottobre 1922 tra le notizie ancora calde a riflettere su un argomento – il fascismo italiano – che torna
periodicamente, incalzato dalla stampa e dai mass media, a presentare una questione irrisolta nella recente vita italiana:
i conti con un passato che, altrove, sembra essere definitivamente archiviato.
Come dunque archiviare seriamente il passato italiano del cosiddetto ventennio fascista? Semplicemente risalendo
alle fonti leggendo il libro Benito Mussolini. Me ne frego (Chiarelettere Editore) a cura di David Bidussa, il quale
raccoglie i discorsi, gli articoli e gli interventi pubblici che il futuro Duce scritti e pronunciati tra il 1904 e il 1927,
attraverso parole, frasi, slogan che via via costruiscono l’immaginario fascista, attraverso un linguaggio e una retorica
che, a loro volta, in svariate maniere, continuano a segnare una parte del mondo contemporaneo., che negli ultimi
decenni, si allarga o restringe come una molla.
Dice infatti Mussolini a un anno dalla Marcia su Roma: “Noi ci permettiamo il lusso di essere aristocratici e
democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari, legalitari e illegalitari a seconda delle circostanze di
tempo, di luogo, di ambiente, in una parola ´di storia՝ nelle quali siamo costretti a vivere e ad agire. [Non siamo] una
chiesa; piuttosto una palestra. Non siamo un partito; piuttosto un movimento”. Anche solo da questa frase – come da
tutti gli interventi antologizzati da Bidussa – Mussolini risulta tanto scioccante quanto rivelatore, perché di fatto inventa
l’antipolitica, via via criticando sprezzantemente lo Stato o facendosi beffe delle istituzioni: le parole dell’interventista,
del capo, del fascista, del duce insomma riportano con questo libro il lettore al tempo in cui il fascismo occupato il
posto lasciato libero dai partiti di allora, così come forse sta succedendo oggi in Italia attraverso concetti ambigui,
talvolta rifiutati dagli stessi propugnatori, quali populismo e sovranismo. Per capire, dunque, Benito Mussolini su libro!